Reggio Calabria “La pittura” un linguaggio a sé, una lingua a parte. Nessuno è capace di parlarne. E perché parlarne poi? Scriveva Francis Bacon “Guardiamola piuttosto”. Un’esortazione da seguire sempre, soprattutto quando l’artista “il caso di Tommaso Minniti, in arte Mintom ” espressione di eclettismo e genialità. Inaugurata il 14 marzo a foyer del teatro “Francesco Cilea”, la mostra antologica dedicata alla memoria di Tommaso Minniti, figlio illustre di questa terra, sarà aperta ai visitatori fino a giorno 28. Basta anche solo un fugace sguardo alle tele per cogliere l’inquietudine dell’artista, la sua inesauribile ricerca e l’incessante sperimentazione di linguaggi e stili. La mostra è stata realizzata grazie all’impegno dell’assessorato alla Cultura e Grandi Eventi guidato da Antonella Freno in collaborazione con l’Associazione Anassilaos presieduta da Stefano Iorfida. Artista dal “pregiato impasto pittorico”, Mintom è stato partecipe delle avanguardie artistiche ma anche grafico e poeta. é la moglie dell’artista scomparso, a tracciarne, commossa, il profilo, “un uomo dalla grande sensibilità” che continua ad essere tra noi ancora oggi attraverso le sue opere”. Poi un ringraziamento al sindaco Giuseppe Scopelliti e all’assessore alla Cultura, Antonella Freno, per aver sposato quest’iniziativa. L’assessore al ramo ha voluto sottolineare il valore della “personale” di Mintom che raccoglie un significativo numero delle opere della collezione privata. Antonella Freno ha espresso parole di lode per la dott.ssa Giovanna Brigandì, direttore responsabile della Pinacoteca e responsabile scientifico della mostra e per la dott.ssa Maria Luisa Spanò, dirigente del settore Cultura, Immagine e Turismo del Comune. “La città” ha detto “è punta sulla cultura, sull’arte e su quel patrimonio immenso di valori in esse racchiusi”. Un “ritratto” artistico del pittore è stato affidato a Stefano Iorfida, presidente dell’Anassilaos: “Ritrattista, autore di nature morte e paesaggi, pittore di nudi, artista del sacro e pittore di esotismi, Mintom si presenta a tutti noi oggi nella ricchezza della sua tavolozza variata per temi e tecniche a dimostrare il suo desiderio di battere sempre nuove strade e di non essere mai uguale a se stesso”. Secondo Iorfida “il nucleo della sua ispirazione affonda le radici in una sensibilità fortissima che è anche il segno della profonda umanità” dell’arista”. “Oggi, dopo tanti anni dalla sua morte, attraverso questa “antologica” ” ha detto Giovanna Brigand’ ” rivisitiamo il percorso artistico di Mintom, l’arte di un uomo libero da tanti vincoli convenzionali, aperti per la rilettura della sua figura, un pò dimenticata e messa da parte”.
“www.gazzettadelsud.it”
Mintom e la donna
Mintom entra in punta di piedi nell’universo femminile ed ha una sola voglia: penetrarlo fino a farlo suo. “La sua donna!” Padrona di sé, del proprio corpo, nella naturalezza di una sensualità, come simbolo ed emblema della propria femminilità, non cercata, ma semplicemente vissuta. Gioca il pittore in mezzo alle sue donne che si muovono con agilità, armoniosamente, in un contesto dove loro sono sempre protagoniste. Donne che non si mostrano, ma vivono il loro femmineo anche durante il sonno, nella rotondità di glutei che chiedono carezze, proprio a lui, a Mintom..
Pina De Felice
La donna con il seno prorompente, consapevole della sua forza, anche nel controllare il dolore! Donna forte nel dolore cosmico! La fatica, la gioia, l’ebbrezza sembrano muoversi in quei corpi femminili e si riflettono come ombre nel viso, la cui espressione non è delineata da Mintom.
E’ il corpo che parla. Il viso della donna rimane nascosto dentro l’anima di Mintom. Egli non vuole rivelarlo forse perché teme di dare alla donna un ruolo riduttivo. La sua donna è nel mistero incontrollabile della vita. E’ nella sua voglia d’incontrare la bellezza nell’armonia di colori tenui che gli permettono di andare oltre la sua dimensione. Mintom allora s’incanta nella gioia dell’incontro. Egli si perde nell’universo ed è la donna a offrirgli un appiglio. La sua donna che lo sa portare oltre la dimensione umana ma che lo aiuta a mediare la realtà.
Solo per lei Mintom non si perde nel dolore che non ha un volto ma un seno che s’incupisce, si affloscia. Un seno che diventa per l’artista “maschera e volto” come il viso del suo uomo che continua a cercare dentro di sé la propria umanità.
Critica all’opera pittorica “Il porto di Genova” di Mintom
Quest’opera di Mintom rappresenta una veduta del porto di Genova, città nella quale il maestro visse per più di dieci anni, dal 1942 al 1953, lavorando come disegnatore nei cantieri navali. Il quadro è realizzato nella tarda maturità (1995) e recupera, attraverso la memoria, i colori e le immagini che questa rinvia al pennello.
Il critico Elvira Leuzzi
L’atmosfera è malinconica, sembra quasi crepuscolare e riporta alla mente la fatica dura dei portuali. Le gru, protagoniste dell’opera, che si stagliano in primo piano delimitando l’orizzonte a sinistra celebrano, infatti, il lavoro della classe operaia.
I colori accompagnano e sottolineano l’atmosfera malinconica che avvolge il quadro, malinconico ma non privo di speranze per il futuro, perché la nota di colore, il rosso del sole in alto a sinistra, vivacizza l’insieme. Non a caso il sole si staglia in cielo all’altezza del mare, QUASI AD ILLUMINARE LA NAVE che i cantieri stanno per varare. Il viaggio che la nave affronterà simboleggia il viaggio della nostra esistenza, nell’incognita di un tempo e di uno spazio incerto, ma carico di fiduciosa attesa. Quest’opera definisce un nuovo stile di pittore che dalla pennellata espressionista si allontana alla ricerca di nuove sperimentazioni.
Le linee, dai contorni definiti, si attengono a un simbolismo nuovo mentre le pennellate rapide e nervose, che rappresentano il mare in primo piano, anticipano alcuni suoi dipinti fortemente espressionisti.
già docente all’Accademia di B.B. A.A. di Reggio Calabria
Una sorta di espressionismo pittorico che si nutre di pennellate veloci ma intense, di colori accesi ed espansi, di nudi femminili spersonalizzati, di presagi di distruzione e destabilizzazione (come attesta la splendida tela Le rovine) e di sentimenti come la sofferenza impressa sul volto del Cristo ritratto dal maestro Minniti. Un pittore dunque ma anche un uomo dedito all’attività letteraria che trova conferma nelle raccolte antologiche di poesie da lui composte e in una vita intensa dal punto di vista culturale e artistico in Italia e all’estero. Il titolo della mostra “Nel tempo” è stato scelto perché l’esposizione riproposta nel Foyer del Cilea ripercorre le tappe della maturazione artistica del maestro Minniti e, nonostante la sua compianta scomparsa, rende palpabile la sua presenza fino ai giorni nostri.
“Angelita Tomaselli”
Di Minniti non si può certo dire che porti all’esasperazione gli schemi di moda. Egli, semmai, scivola verso il suo racconto, verso la sua astrazione che non è limitata ai contenuti letterari.
“Everardo Dalla Noce”
La sua pennellata va oltre, oltre il progetto e l’immaginazione perché va a richiamare testimonianze, presenze, in una sottile e magica espressione poetica. Coerenza, sopra tutto interiore per Tommaso Minniti che parte da un’architettura dello spirito svincolata da una qualsivoglia contingenza. Ecco perché egli è virtualmente libero. Libero per il suo mondo ideale, per i suoi personaggi senza volto, legati ad una analisi suggestiva.
Certo: si scopre l’equilibrio fra la tecnica e il pensiero, tra la forma e il contenuto essenziale, incanti di un’anima che comunica sensazioni.
A dire che in Minniti si coglie, in ogni suo dipinto, la sincerità e la chiarezza perché nell’artista la franchezza, a mio avviso, rimane di natura psicologica anche quando finisce per toccare la tecnica. Per forza. Le figure femminili, per esempio, raccontano di sofferenze istintive, lontane e talvolta persino drammi dominati dall’eccessiva segregazione di pensiero che egli riesce a trasmettere nella sua forma pittorica avanzata.
In tutta l’opera di Minniti c’è il dramma. Il dramma che devi andare però a leggere tra le pieghe del suo pennello che scorre sulla tela, dentro quei colori accesi di mille cose viste nella vita, ma che di là da tutto, fa parte di una esistenza d’artista ricca di assoluto rigore. Perché raccontare l’intimo? Perché rivisitare archetipi nascosti fra velature temporali e moti di coscienza? No. Minniti con ragione non è questo.
La sua forza, il suo bagaglio è di fresca immediatezza. Offre, nelle sue tele, motivi di ripensamenti, di certezze conquistabili, frutto, non c’è dubbio, di un’acuta sensibilità unita ad un’intelligenza speculativa. Insomma, Minniti propone. Apre la finestra ad un cielo illuminato. E allora la figurazione?
Ecco il punto. Se la sua pittura racchiude tali elementi sensori e seppure di lettura dualistica come abbiamo visto, non c’è dubbio che la luce sia il colore della tavolozza. Luce uguale colore. Luce come spazio profondo, come ritmo costante. I suoi nudi, esemplificando, hanno un corredo di luce-colore ineguagliabile, identificabile quale punto di ricerca comunque in divenire. E le sue macchie non sono macchie perché, pur nella forza della pennellata che si stempera da capo a fondo nel quadro, Minniti traduce quella malinconia che ha dentro, che nasconde, ma che non può nella liberazione è pittura, giocare a far finta.
Da qui il grande amore per la sua arte che è la sua stessa origine di vita.
Per concludere si può dire che proprio attraverso quella tavolozza compagna di vita egli tragga una vibrazione colorata innegabilmente dinamica. Una sintesi visiva che determina una giusta immedesimazione con il suo mondo, con il suo segno, con le sue radici, una somma spontanea di potenzialità di certa levatura. Non fa cerebralismo perché le sue risorse sono naturali, l’ispirazione vera, profonda e persuasiva. Si può allora indicare Tommaso Minniti un artista-pittore che ricerca l’armonia e l’emozione rifacendosi alla lezione dell’esistenza con uno slancio e una volontà squisitamente giovanile
Il suo stile pittorico si distingue per un’impronta, espressione costruita per rivelare un’acuta immagine della realtà – afferma il direttore della pinacoteca Giovanna Brigandì – è manifestata con rigore attraverso una pennellata morbida ed intrisa di luce, memore delle ricerche cezanniane, visibile anche nella resa volumetrica dei personaggi, molto evidente nell’autoritratto e nelle molteplici raffigurazioni ritrattistiche femminili.
“Giovanna Brigandì”
“…Le tele di Mintom riflettono la parabola evolutiva di un artista che, da una fase caratterizzata dalla tendenza al moderno e all’impressionismo, approda con tratti di maggiore compiutezza e maturità all’astratto informale…”
“Domenico Milito“
Nella pittura di Mintom (Tommaso Minniti), si chiarisce una tensione gestita con pennellate ferme alternate a sfumature che ne intensificano gli effetti cromatici. La rappresentazione figurativa umana vi trova spazio determinato, offrendo la caratteristica di una personalizzazione fortemente emozionale. La sua attività pittorica, ormai conclusa, ne modula la forza creativa sottolineata da tensioni emotive.
“Anonimo“
Se il primo dovere di un genio è dimostrarlo, Mintom, con la sua opera ci riesce in pieno.
“G. Faccenda“
Mintom ha nel colore il suo punto di forza, un colore piegato con duttilità alle esigenze della rappresentazione.
“S. Perdicaro“
Quella di Mintom è una pittura senza linea di demarcazione definita ma con una connotazione poetica degna di rilievo.
“G. Vigliarolo“
Di lui è stato sinteticamente ed accuratamente detto: il pittore dal “pregiato impasto del colore”
“Ore d’Arte“
La vita in tutte le sue manifestazioni espressionistiche è oil tema principale dell’arte del Mintom, i cui elementi dominati riflettono una personalità pacata e profondamente umana.
la sua sensibilità dotata di una straordinaria capacità di osservazione e di intuito, il felice equilibrio che riscontriamo tra il suo mondo spirituale e quello pittorico gli permettono di comprendere gli aspetti più difficili e drammatici della vita senza, però, che ne debba risentire la cromaticità delle tinte.
“CIAC 1975“
Le stesse immagini ricche di luci ed ombre dei dipinti di Mintom si ritrovano nei suoi versi, dove è riconoscibile il tocco sensibile ed efficace del pittore che materializza i sentimenti.
“La Strada 1981“
Nel suo saggio dosare dei colori Mintom determina gradazioni e interferenze diverse per configurazioni armoniose. L’uomo e le cose sono freudianamente analizzate nelle dimensioni intimistiche al di là della realtà, incarnate con la realtà introspettiva dell’artista. I motivi divengono così sogni, memorie, ideali, inseriti in un’atmosfera di contemplativo lirismo, sensibilmente filtrata dall’intelletto, dal cuore.
“Italia Artistica 1983“